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Concetti d’altrove
Sull’orlo
del malessere
[poesia – critica letteraria – musica per computer]
(a cura di Anterem )
Venerdì
15
ore 18.15-19.15
Foyer del Teatro Nuovo
2.
Guarire le parole
Se il dominio
della ricerca è l’interiorità, fondamentale diventa
oggi il compito al quale sono da sempre chiamati i poeti: guarire le parole.
Noi pronunciamo parole riflesse, consapevoli come siamo del nostro destino
di esseri senza dimora. Parliamo parole seconde, derivate, che non creano
ma interpretano parole che derivano da altre parole ancora: le parole
prime pronunciate dai nomotheti, i sapienti antichi che con la nominazione
dei luoghi e delle cose crearono il mutevole orizzonte del mondo.
La lingua delle origini è tramontata e con essa la sua capacità
di creare. Il poeta avverte questa lontananza e ne soffre. Così
come patisce l’estraneità del presente.
Ecco perché cerca di pronunciare una parola che non rispecchi semplicemente
eventi e cose, ma faccia segno all’unità preriflessiva e
preconcettuale che ha preceduto il pensiero cosciente e razionale.
Ecco perché lascia riaffiorare nelle parole riflesse ciò
che resta in esse di non detto, consentendo l’emergere di un dire
che ci preesiste: quella «vera narratio» vichiana, dove fantasia
e conoscenza sono una cosa sola. Giungendo a codificare nella frase poetica
non solo un’espressione artistica, ma anche vere e proprie forme
di sopravvivenza.
Il richiamo originario conduce il poeta nel regno del caos, dove il cosmo
è disordinato e la forza del mysterium si muove liberamente tra
elementi bestiali, demonici, metafisici, titanici. Qui il poeta scopre
che quella prima età non è caratterizzata solo da tenebre
e terrore, ma anche da «quella purissima fanciullezza in cui verità
e menzogna, realtà e sogno non si distinguono l’uno dall’altro»,
come registra Blumenberg.
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